Quarantena Covid-19. Siamo tutti nervosi e ipersensibili.
Sono giorni strani, e anche per chi è a casa come me l’energia di questa pace surreale arriva forte. Anche il mio lago è immoto, e dal balcone, fermi anche gli aerei da Malpensa, arriva solo il suono delle campane dalla sponda lombarda.
Non mi era mai capitato.
Tutto questo inusuale silenzio, la nostra attività ridotta dalla quarantena nelle nostre case, quando non siamo al lavoro. E il contrasto con l’attività frenetica dei turni incessanti in ospedale.
La paura, che molti non sentono a livello consapevole, ma che è presente e sottesa nel campo sottile, ci fa stare all’erta, e siamo tutti estremamente reattivi.
Rischiamo di arrabbiarci per cose futili e prendere decisioni avventate.
Non possiamo giudicarci per questo. Esserne però consapevoli ci aiuta a contattare un po’ di compassione per tutti, noi compresi, e magari a lasciar correre qualcosa. Perdonarci e perdonare la nostra umanità, la nostra fragilità, quella di tutti. Uscire dall’aspettativa che qualcun’altro ci possa accogliere, perchè non lo si può dare per scontato. Siamo tutti più fragili, ora.
Perché il senso di precarietà e di impermanenza è tangibile nella realtà in cui il Covid-19 ci ha fatti piombare.
Un silenzio denso, fatto di quella meditazione a cui non siamo abituati, che ci costringe a guardarci dentro.
E allora questo non è il momento delle decisioni, delle scelte e delle verità. Questo è il momento dell’attesa e del silenzio.
Sospendiamo ogni mossa sulla nostra scacchiera e cerchiamo di essere uniti, e di perdonarci se non ci riusciamo.
I nostri bambini interiori hanno bisogno di essere abbracciati, ascoltati e consolati. E non dagli altri, ma soprattutto da noi, che spesso li dimentichiamo in un angolo, costringendoli ad essere piccoli adulti, mascherati di saggezza o di grinta, di freddezza o ipersensibilità.
Prendiamoci cura di noi, colleghi. Aiutiamoci ad aiutare.